domenica 1 agosto 2010

IL LUNGO INVERNO



di Jonathan Macini

Sorseggio distrattamente un tè al gelsomino addolcito con una punta di miele d'acacia, per ammazzare il freddo che mi si è infilato nelle ossa. Sono rientrato in casa da poco. È mattina presto ed in veranda ho dato di sfuggita un'occhiata al termometro, che anche oggi se ne rimarrà abbondantemente sotto lo zero. L'inverno non ne vuole sapere di finire. L'inverno al nord è troppo lungo, e se non ci sei abituato ti può prendere uno sbalzo di liquidi, come dice il dottore. Gli sbalzi di liquidi, facile dare la colpa a loro. Chissà come se la riderebbe Nynke, se fosse qui. Ma lei non c'è... non c'è più.
È la luce che ti frega. Sei, sette ore al giorno massimo, e poi il buio. La lunga notte del nord che ti divora dentro, mentre il vento incalza sulle imposte e la neve ottunde i rumori della valle. La TV ti riversa addosso le solite stupidaggini ma tu continui a guadarla speranzoso. Forse succederà qualcosa... forse il vento calerà e la neve incomincerà a sciogliersi. Lei ti chiede se ti va un caffè, la guardi sparire in cucina, bella ma distante per via del freddo. Non ti tira più l'uccello e non sai perché, se per via dell'inverno e degli sbalzi di liquidi, oppure per gli anni di stasi che si sono accumulati come la polvere sulla cornice della nostra prima foto insieme.
Osservo il rivolo di fumo che s'innalza dalla tazza del tè e guardo fuori, dove ancora uno strato intatto di una decina di centimetri di neve ricopre il tetto del garage. Anche per oggi è prevista una nevicata, tanto per cambiare. Il pick-up l'ho parcheggiato fuori, perché non avevo voglia di tirar su la porta-serranda, che ogni volta che ci provo mi si gelano le mani. Mi sarebbe piaciuto metterne uno elettrico. Gliel'ho confessato più volte alla piccola Nynke, e lei mi guardava con quei suoi occhi da cerbiatta e mi rispondeva “certo, perché no!”. Ma poi, tramortito da un nuovo attacco di apatia, lasciavo perdere. La scusa era quella di non spendere i soldi per la vacanza, e proprio di una vacanza avevo bisogno, Spagna, Grecia, un posto con il sole vero, non come questo qui che pare disegnato dietro un drappo di grigiore.
Non riesco a ricordarmi il motivo del litigio di ieri sera. La cosa mi mette agitazione, e pensare che finalmente ero riuscito a calmarmi. Che diavolo è successo? Si, certo, lo sbalzo di liquidi, ma quello è venuto dopo. La scintilla l'ha innescata lei, ne sono sicuro. Ma cos'era? Gli stivali pieni di neve sporca sul tappeto? La tazza del cesso alzata? No, forse era il tappo del succo di mango, che mi dimentico sempre di richiudere. Certo, è stato quello l'inizio di tutto. Dannato mango! Vabbè, ormai è andata...
Il gelo delle ossa si è dissolto nella carne, grazie al tè al gelsomino. Scaccio via dalla testa un pensiero irritante, la paura di non aver scavato una buca abbastanza profonda, poi mi metto a lavoro. C'è da pulire il sofà, le tende e il tappeto che piaceva tanto a Nynke, e rimettere nella cassetta degli utensili il cacciavite che le ho infilzato nella gola.

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